Ho scovato la ricetta del riso e prezzemolo in brodo nel libro Le tre minestre di Andrea Vitali, uno scrittore che adoro nonostante le delusioni delle ultime uscite editoriali (ma forse è normale che su tanti libri pubblicati con la stessa scenografia di fondo, qualcosa alla fine si inceppi).
Per me, che subisco il fascino delle storie di paese (Bellano o Brescello, sempre per B inizia e sempre cado infatuata), l’approccio con ‘Le tre minestre‘ è stato molto controverso: quando ho sentito che si trattava di un libro basato sui ricordi di famiglia con il classico stock di ricette finale, ho dato i numeri.
Con me hai chiuso: tu che mi raccontavi dei personaggi di paese e ora scadi come una sorella Parodi qualunque, addio!, pensavo.
Io che da Il meccanico Landru a La signorina Tecla Manzi
, passando per Una Finestra Vista Lago
, Olive comprese
, La figlia del podestà
, Il segreto di Ortelia
, La modista. Un romanzo con guardia e ladri
e via andare, sognavo di andare in pellegrinaggio a Bellano (dopo aver coronato il sogno di calcare la terra di Brescello), ci sono rimasta malissimo.
Peggio, ci sono rimasta come se Camilleri desse alle stampe un libro con le ricette del Commissario Montalbano (non ditemi che già esiste, vi prego).
Poi l’ho letto, sbraitando e sbuffando.
Non è diventato il mio libro preferito però ammetto che arrivata all’ultima pagina avevo fatto pace con Andrea Vitali.
I profumi dell’infanzia
Nel libro lo scrittore racconta alcuni episodi della sua infanzia a Bellano, a casa delle tre zie (le minestre, ovvero le ministre): la scarsità di cibo del dopoguerra e l’arte di sapersi arrangiare con quel che c’era, in casa e nell’orto. L’uso di vocaboli e modi di dire dialettali, l’assoluta fede nei proverbi di paese. E poi l’odore di casa, certi profumi, la cassoeula, i piatti uno diverso dall’altro, l’immagine del Sacro Cuore di Gesù appesa in cucina.
La mia infanzia è stata molto diversa da quella di Vitali, se non altro per ragioni anagrafiche: 1956 lui, 1979 io. Lago di Como lui, provincia di Milano io.
Ci sono però alcune costanti: due paesi molto piccoli e la figura della zia.
La zia Teresina
La mia si chiama Zia Teresina (nata Teresa, negli anni ha conquistato il titolo onorifico di zia da parte di chiunque, incluso chi non ha legami di sangue con lei), è venuta a vivere a casa nostra quando io ero piccola e praticamente mi ha fatto da nonna.

Parla solo dialetto, non ama cucinare ma è una grande imbastitrice di racconti di paese e conosce a memoria (anche se ultimamente fa un po’ cilecca) interi alberi genealogici.
Due piatti le sono sempre riusciti a meraviglia: la pasta e fagioli (è lei la zia di cui parlo nel guest post di That’s Good News, il blog di Assunta Corbo) e il riso e prezzemolo (fatto col prezzemolo dell’orto! era il leit motive con cui lo serviva a tavola).
Ora che la Zia Teresina da anni non cucina più, il riso e prezzemolo è sparito dalla mia alimentazione: ma è come la madeleine di Proust, sentirne parlare mi riporta in picchiata a quando ero bambina.
Se era estate, la zia Teresina prendeva per mano me e mia sorella all’ora di cena e ci portava in cortile a mangiare, su un vecchio tavolo di cemento: a pensarci ora pare assurdo ma per noi era l’apoteosi della trasgressione e del divertimento, mangiare riso e prezzemolo all’aperto anziché in cucina.
Se invece era inverno, serviva piatti pieni e fumanti: prima mio nonno (anche lui viveva con noi), poi mio papà (Prima gli uomini! – diceva- e per lei era normale che fosse così, anche quando io e mia sorella le abbiamo spiegato il significato del termine maschilista), quindi le donne della famiglia.
Alla fine del libro ‘Le tre minestre‘ ho trovato, tra le altre, la ricetta del riso e prezzemolo: ve la lascio, a me ha ridato il buon umore.
–> Psst, ti piace la cucina lombarda? Qui trovi ricette, storie e posti dove assaggiarla
Riso e prezzemolo in brodo: ricetta
Ingredienti per 4 persone:
- 200 g di riso
- 1,2 l di brodo
- 1 manciata di prezzemolo tritato
- 1 noce di burro
- parmigiano grattugiato
- sale
Fate bollire il brodo in una casseruola, quindi aggiungete il riso. A fine cottura, aggiungete il prezzemolo e il burro. Servite caldo con il parmigiano grattugiato.
Facile, veloce, caldo come un ricordo d’infanzia.
12 Comments
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Bellissimo articolo Ori!! io invece ho un ricordo di tua zia , sempre legato al cibo, ma ambientato durante uno dei momenti di autofinanziamento Rover in cui tentava di vendere le torte ai passanti! un mito del marketing e della vendita diretta. Ti dirò che il suo approccio alla vendita qualche volta l’ho usato durante delle fiere e funziona 😉 come sta oggi la zia?! un abbraccio
Grazie Ari, in effetti per la vendita diretta è sempre stata molto portata! Oggi è un po’ meno panzer, ma con inalterata capacità di sfinimento 😉
Aggiungo che la zia sapeva fare bene anche “a Trippa!!!
Com’è dolce questo articolo….mi ha messo i brividi!
Grazie!
e le patate della suor Angelina, dove le mettiamo?
…è vero, le patate della suor Angelina! Meritano un post a parte
Anche io adoro riso e prezzemolo e anche per me ė legato a un ricordo di bambina quando il mio papã me lo faceva , di solito quando ero un po malaticcia , per mė era come una gran coccola da parte del mio papã e subito stavo meglio ………..
Quando me lo faccio assaporo sempre quei bei ricordi e mi sembra ancora di averlo vicino !!!
Ti ritrovi con la ricetta? Mia zia a volte aggiungeva anche le patate 🙂