Lunghissimo e gelido, gennaio non è facile da amare. Ci sono momenti che odio di questo mese così simbolico ed eterno, che si presenta puntuale ogni anno a chiederci la lista dei buoni propositi, e altri che invece apprezzo da sempre.
Perché tutto sommato ci porta in dono l’idea che tutto possa cambiare da un momento dall’altro e che abbiamo il potere di diventare la versione migliore di noi stessi.
Questo è gennaio: il mese del dio romano Giano (Ianus), da cui eredita il nome (in lingua sassone gennaio è il mese del lupo, in ceco è il mese del ghiaccio). E non è un caso: Giano era il dio delle porte e dei ponti, simbolo quindi di passaggio e cambiamento.
Cose belle di gennaio

Ok, la tristezza da fine delle vacanze è difficile da superare. Ma a ben guardare, qualcosa ci attende anche dopo il 7 gennaio (oltre la dieta, intendo).
Per esempio, il falò di Sant’Antonio, antica usanza contadina lombarda che ogni 17 gennaio, attraverso il fuoco e i falò, celebra l’anno nuovo e la vittoria della luce sul buio.
In provincia di Milano, dove sono cresciuta, mio nonno si svegliava presto e andava alla messa dove era prevista la benedizione degli animali portando il cane (noi eravamo atei ma il quadrupede era benedettissimo). La sera, poi, via al falò a mangiare salamelle e bere vin brulè, con il viso incandescente davanti al fuoco e le spalle gelate voltate al buio.
Fino a due anni fa, prima che il Covid fermasse tutto, tantissimi comuni in Lombardia organizzavano il tradizionale falò di S. Antonio, forse una delle usanze dove meglio si coglie la mescolanza di antichi riti pagani e successivi rivestimenti religiosi.
Del resto, più simbolico e rituale di un falò…che ve lo dico a fare!
–> Conosci i bruscitti di Busto Arsizio?

E poi mi piacciono i Giorni della merla, il 29, 30 e 31 gennaio, considerati i più freddi dell’anno, quando tutto è come congelato e ovattato in attesa del risveglio (molte città lombarde celebrano i giorni della merla con falò e cori). Come se fossimo tutti insieme davanti a un sipario chiuso, dietro il quale tutte le meraviglie possono accadere.
A proposito, cade all’inizio di febbraio ma conoscete la tradizione del panettone di San Biagio? Eco un’altra usanza che da me, profonda provincia lombarda, si è sempre seguita.
Verze, zuppe&co

Di gennaio amo la cucina lombarda: le verze, le zuppe, le lenticchie e i fagiolini con l’occhio, il pan con l’uva, la piota e la carsenza, torte contadine (di Inveruno e Arconate) fatte con la pasta avanzata del pane a cui si aggiungono zucchero, burro, mele, fichi secchi e uva passa (compro tutto al mercato).
E ovviamente la polenta con i bruscitti, le clementine, il fuoco del camino acceso, la frutta secca e il Gorgonzola a chiudere il pasto perché, dice un proverbio milanese, la boca l’è minga stràca se la sa no de vaca, un modo elegante per dire che un pasto deve terminare con il formaggio.